Eccidio di Carpanè – Il testo del discorso dell’europarlamentare Variati per il 79º anniversario dell’eccidio

Amiche, amici, cittadini, rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma –

Perché ricordiamo? Perché ogni anno, in questo giorno, ci ritroviamo qui, a rendere omaggio alle vittime di una delle più atroci stragi della nostra storia? Perché lo facciamo qui, a Carpané, come fanno in cento altri luoghi d’Italia altri come noi, e animati dalle stesse nostre motivazioni, dalla stessa ispirazione, dalla stessa urgenza? Perché non lasciamo – come voci di crescente intensità suggeriscono, in modo sempre più seducente – che il tempo cancelli le ferite, le lacrime, il sangue versato su questa terra?

Ricordiamo perché la memoria è un bene prezioso. La memoria è ciò che ci lega al passato, ciò che ci fa capire chi siamo e da dove veniamo. La memoria è la storia condivisa di una nazione e di un popolo. La memoria è la lezione che dobbiamo imparare per non ripetere gli errori e gli orrori che hanno segnato il nostro cammino. La memoria è ciò che distingue l’essere umano. La memoria, e la capacità di estrapolare – dalle lezioni di ieri – una mappa per navigare il futuro, per guidare le nostre scelte.

Di più: perché la memoria contiene in sé anche la lettura morale della Storia. Non il semplice studio dei fatti, non la loro mera elencazione, ma la loro lettura politica e per così dire comunitaria: quella lettura politica che ci permette di ribadire oggi, come fecero prima i martiri della Resistenza e poi i Padri Costituenti, che le cose non erano tutte uguali, che non erano sullo stesso piano, che non avevano lo stesso significato.

Che c’era una ragione e c’era un torto, c’era una scelta giusta e una scelta sbagliata.

Ecco perché ricordiamo: per non dimenticare, e per non permettere che il passato venga confuso dal gioco pericoloso delle equivalenze, delle indifferenze che oggi vanno tanto di moda, troppo di moda.

Ma ricordiamo anche per un’altra ragione: una ragione di gratitudine. Per il debito d’onore che abbiamo contratto con quelle gigantesche figure di ieri, quelle dei nostri Martiri laici. Ed è un debito che vale per tutti. Anche per chi come me, come molti di noi, è nato dopo quei fatti, e a volte decenni dopo quei fatti. Ricordiamo dunque perché dobbiamo essere grati a chi ha sacrificato la propria vita per la libertà, per la democrazia, per l’onore dell’Italia. Ricordiamo i partigiani, i combattenti della Resistenza, i patrioti che si opposero al nazifascismo, che combatterono contro l’oppressione e l’ingiustizia, che riscattarono la dignità del nostro Paese dopo i decenni della dittatura e la vergogna senza fine delle leggi razziali, dell’alleanza col mostro nazista, delle violenze, della privazione di diritti e libertà. Nelle parole di Calamandrei, “uomini liberi / che volontari si adunarono / per dignità e non per odio / decisi a riscattare / la vergogna e il terrore del mondo”.

Ricordiamo l’eccidio di Carpané, uno dei più efferati e sanguinosi della Resistenza del Veneto, avvenuto alla conclusione del rastrellamento sul Grappa. Qui, alla fine del settembre 1944, furono brutalmente uccise dai nazifascisti 29 persone: tredici italiani e sedici militari dell’impero britannico, tra cui diversi soldati sudafricani, a ricordarci il senso terribile e potente di una guerra che appunto chiamiamo “mondiale”.

Qui furono stroncati i sogni di vita e di felicità di tanti giovani eroi. Qui fu stroncato il sogno d’amore di Gianna Giglioli e Angelo Valle, in quel 26 settembre del 1944. Emiliana lei, pugliese lui, si erano conosciuti nelle temperie della guerra di Liberazione, si erano amati, si erano sposati in luglio, in uno dei quei semi-improvvisati matrimoni di montagna e di Resistenza che ancora ci commuovono, a ripensarci oggi. Angelo fu torturato e interrogato per giorni; resistette; fu ucciso insieme ai suoi compagni. Gianna aveva 24 anni, e in grembo un bimbo di 4 mesi: assistette alla fucilazione del marito amato, e poche ore dopo preferì la morte al campo di concentramento, nella spietata e atroce “scelta” che i suoi carnefici nazisti le avevano beffardamente offerto.

Ma ricordiamo anche il contesto più grande in cui avvenne l’eccidio di Carpané: l’operazione Piave, ordinata dall’alto comando tedesco in Italia nel settembre 1944 per eliminare le formazioni partigiane operative sul massiccio del monte Grappa. 10 mila uomini, pesantemente armati, per dare la caccia a 1000 partigiani con armi leggere. Ricordiamo nello stesso giorno, quel funesto 26 settembre del ‘44, l’eccidio di Bassano: e l’onta di quei 31 martiri impiccati agli alberi, e lasciati in sfregio appesi per una notte e un giorno. Erano giovanissimi partigiani e patrioti del Grappa, e con loro altri giovani dei paesi della Pedemontana, catturati in montagna e condotti al patibolo dopo processi sommari. I nazisti e i loro servi fascisti appesero loro sul petto un cartello con la scritta “BANDITO”. Noi li chiamiamo con il loro vero nome: EROI.

E ricordiamo certo il contesto ancora più vasto, quella di una guerra di Liberazione che fu anche guerra civile: non solo per cacciare gli occupanti nazisti ma per sconfiggere una volta e per sempre i loro fiancheggiatori della Repubblica Sociale Italiana.

Fu da quella lotta, da quella ferita, da quel sacrificio che l’Italia potè infine riscattarsi: innalzando una bandiera di dignità e onore sulle macerie – reali e morali – del ventennio fascista.

Ricordiamo tutto questo perché la memoria – chiara, limpida – del passato ci permette di riflettere sul presente e sul futuro. Sul ruolo dell’Europa, quella grande sfida comunitaria e collettiva nata proprio dalle macerie della seconda guerra mondiale. Quella volontà di perseguire un futuro di pace e prosperità, di unione e collaborazione. Quella speranza di costruire una casa comune per tutti i popoli del continente, dopo l’infinito sangue versato, dopo il troppo odio, dopo la follia e l’orrore della guerra e dello sterminio.

Per questo l’Europa è un progetto fondamentale per noi e per le generazioni future, ed è giusto celebrarlo proprio in occasioni solenni ed emozionanti come queste. Perché è un progetto che si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto, dei basilari diritti umani. Tutti valori che sono stati calpestati consapevolmente e pervicacemente dal nazifascismo, e invece rivendicati e difesi dai partigiani – persino con il loro sacrificio. Valori che abbiamo giurato non debbano mai più venir meno.

Ma l’Europa non è un sogno realizzato, un percorso concluso, un progetto chiuso e immutabile. Al contrario, è una sfida sempre viva, e lo vediamo bene in questi anni e in questi mesi. Una sfida enorme, che ha bisogno del nostro impegno e della nostra partecipazione. Un progetto che non è mai finito, ma che si evolve e si adatta. Un progetto che per riuscire deve tenere nel cuore tre semplice eppure fondamentali parole che sono altrettanti valori: unità, solidarietà e responsabilità. Da parte di tutti gli Stati membri e di tutte le istituzioni. Da parte di tutti noi. Sono parole il cui significato riverbera qui, anche oggi; e che risuonano all’opposto di altre: divisione, egoismo, irresponsabilità.

Ricordiamo, dunque, anche perché dobbiamo essere consapevoli dei pericoli che minano il progetto europeo. Dei suoi nemici interni, di chi lo attacca e cerca di sabotare l’unità europea per cinico tornaconto elettorale. Di chi pretende di far dimenticare gli errori e gli orrori cui proprio i nazionalismi hanno portato. Di chi vuole riaccendere divisioni e tensioni tra i paesi membri, o peggio tra i popoli. Di chi agita le retorica della paura e dell’egoismo, anticamera delle chiusure nazionalistiche.

Ricordiamo anche come insegnamento e coinvolgimento delle giovani generazioni. Perché dobbiamo coltivare in loro, insieme, la memoria delle divisioni passate e il sentimento nuovo di un comune afflato europeo.

Ricordiamo, infine, perché qui, all’ombra delle montagne, nelle tante valli della nostra terra e del nostro Paese, è la radice più forte e più vera di ciò che oggi siamo: italiani, europei. Qui la nostra coscienza di popolo ha conosciuto il suo riscatto, dopo la vergogna assoluta del fascismo: qui, nel martirio di tanti ragazzi, nelle storie d’amore spezzate prima che portassero frutto, in un’intera generazione che diede del coraggio la più alta e solenne definizione.

Ricordiamo, dunque, con rispetto e con amore. Con dolore e con speranza. Con gratitudine e con rinnovato impegno.

Ricordiamo, soprattutto, perché non accada mai più.

Restiamo in contatto

Cosa succede in Europa? Iscriviti alla newsletter per ricevere notizie e approfondimenti.