Maltempo a Vicenza: è giusto chiedere lo stato di calamità, è giusto reclamare più risorse dallo Stato, ma è anche ora di rimboccarsi le maniche per affrontare una delle sfide più grandi del nostro tempo e del futuro – la sostenibilità.

Nel 2010 ero sindaco quando la terribile alluvione colpì Vicenza, e altre zone del Veneto. Da Strasburgo seguo quindi con apprensione, in queste ore, l’evoluzione della situazione sul campo. E penso tre cose.
La prima: senza le grandi realizzazioni fatte dalla Regione, a partire dal bacino di laminazione di Caldogno, e per le quali mi ero io stesso battuto a lungo, o senza i tanti interventi fatti direttamente dal Comune per migliorare gli argini, oggi conteremmo danni molto peggiori.
La seconda: ancora non basta, perché è chiaro che la rapida estremizzazione dei fenomeni meteorologici porta a crisi rapide, intense, più difficili da prevedere, per cui serve investire ancora – e molto – per la messa in sicurezza del territorio.
Ma la terza cosa è questa: quante altre giornate di tensione dovremo vivere, o quanti danni contare, prima di renderci conto che serve ridurre il nostro impatto ambientale, dalla cementificazione all’inquinamento al riscaldamento globale che acutizza questi fenomeni? Lo dico alla regione Veneto: è giusto chiedere lo stato di calamità, è giusto reclamare più risorse dallo Stato, ma è anche ora di rimboccarsi le maniche per affrontare una delle sfide più grandi del nostro tempo e del futuro – la sostenibilità.

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