Non è chiaro cosa sia successo, quali accordi abbiano portato alla fine della “rivolta”, cosa succederà. Tutto questo da un lato conferma la fragilità dello Stato russo, un’autocrazia dove a puntellare il potere di Putin sono i potentati economici e militari. Dall’altro fa suonare l’allarme sulla sicurezza e la stabilità globali.

È stato un weekend ad alta tensione. Gli occhi del mondo erano sulla Russia, dopo l’insurrezione armata iniziata e poi interrotta da Evgenij Prigozhin, il capo della brigata mercenaria Wagner, fino a qui scomodo ma necessario alleato di cui Putin aveva disperatamente bisogno per cercare di tenere in piedi la disastrosa invasione dell’Ucraina. E che ora sembra avergli voltato le spalle.
Non è chiaro cosa sia successo, quali accordi abbiano portato alla fine della “rivolta”, cosa succederà.
Tutto questo da un lato conferma la fragilità dello Stato russo, un’autocrazia dove a puntellare il potere di Putin sono i potentati economici e militari. Dall’altro fa suonare l’allarme sulla sicurezza e la stabilità globali: immaginate cosa succederebbe se arsenali nucleari finissero nelle mani di signori della guerra ultra-nazionalisti…
Insomma, con ancora più forza dopo questo weekend, sono convinto che la parola che dobbiamo riprendere come nostra bussola sia solo una: “pace”.

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